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martedì 18 novembre 2014

Remembering the Artist Robert De Niro, Sr. - Quando talento non implica notorietà


Il 17 Novembre 2014, giorno felice per Roma, che ha accolto a braccia aperte il premio Oscar Robert De Niro. Il divo era nella capitale per presentare il documentario Remembering the Artist Robert De Niro, Sr., dedicato a suo padre. Evento organizzato dalla Fondazione Cinema Per Roma, si è tenuto prima un incontro, poi la proiezione del documentario, diretto dalla documentarista Perri Peltz e dalla montatrice Geeta Gandbhir.
L'attore, commosso, ha dichiarato di aver fortemente voluto questo documentario, per donare, anche se postuma, la fama che suo padre avrebbe dovuto ottenere in vita, ma che non potè afferrare. Il talento però, quello non mancò. Ecco come due generazioni si confrontano, padre e figlio, l'uno nell'ombra, l'altro nella notorietà. E' la storia delle mancate occasioni, di tormenti interiori e frustrazioni di un artista dotato, ma che non ingranò mai la giusta marcia. Un esempio purtroppo, in cui molti si rispecchiano, soprattutto al giorno d'oggi, in cui il talento si spreca, e l'occasione si decima. Giovani desiderosi di un'occasione si vedono sbattere porte su porte in faccia. La vita non è giusta con tutti, nemmeno con chi se lo merita. Bisogna saper accettare il caso, a volte si tratta solo di questo, un lancio di dadi che decreterà il nostro futuro. 
Un riscatto però si è avuto, tramandato grazie a "Bobbie", che onorevolmente, ha reso omaggio ad un padre che forse in vita non è riuscito realmente ad apprezzare, o a dimostrare di amare.Questo forse, dice, il più grande rimpianto. Ecco che finalmente, tutto questo marasma di emozioni e pittura, di depressione e delusioni, vengono alla luce, per la durata di quaranta minuti. 
Uno squarcio dell'america degli anni '50, dei vizi e virtù dell'artista illuminato, di una famiglia appassionata, e destinata a lasciare il segno nel presente e negli anni a venire.


"Non ho dei veri sensi di colpa nei confronti di mio padre ma dei rimpianti sì - dice - da ragazzo non mi sono mai interessato molto alla pittura, lui mi invitava alle sue mostre ma a me non interessava. Crescendo ho avuto più consapevolezza del suo talento ma non ne parlavamo, io non parlavo dei suoi quadri come lui non parlava del mio mestiere d'attore, eppure sapevo che era orgoglioso di me. Quando è morto sono entrato nel suo studio insieme ad alcuni dei miei collaboratori e abbiamo catalogato tutto, a partire dai suoi diari. Che ancora oggi non ho letto interamente. Prima o poi lo farò, ma più probabilmente lo faranno i miei figli prima di me".

ROME FILM FESTIVAL (16|25 ott)


Festival del cinema: libidine per le mie orecchie. Essendo cresciuta a suon di Chaplin, De Niro e capolavori, sono innamorata di questo mondo. Il festival è una festa-come dice Muller-, ma anche un'occasione unica per gioire di film, immergersi in altre storie diverse dalla tua, e perché no?, vedersi da vicino il proprio idolo. 
Avere l’onore di assistere dal di dentro, contribuire ad oliare quell'affascinante meccanismo di selezione e programmazione dei film, che meraviglia! Quel puzzle che, tassello dopo tassello, forma un gigantesco evento culturale in cui confluiscono decine e decine di volti, nazionalità diverse, persone interessanti, colte, affascinanti, che nell’arco di dieci giorni si disperdono come miriadi di stelle, affastellandosi sul red carpet, nelle sale, nei cuori e negli occhi della gente.
Il festival del Film di Roma quest’anno è decollato per la nona volta, avviandosi al decennio. Sotto la guida attenta dell’eclettico Marco Muller e del suo team di esperti, che ho avuto l’onore di conoscere, sono stati selezionati e visionati i film di ampio respiro che ci hanno consacrato come il festival più internazionale d’Italia (dopo Venezia).


   
                                We are young, We are Strong, per esempio, un film tedesco di ottima fattura, regia del giovanissimo Burhan Qurbani, è un pezzo forte di questa annata. Racconta dell’eco dei movimenti neonazisti nella Germania del 1992, quando si verificò uno scontro denso di razzismo tra la popolazione ed un gruppo di cittadini vietnamiti richiedenti asilo. Il tutto visto dal punto di vista di una banda di ragazzi, resi violenti dalle folli ideologie nazionaliste. Giovani talentuosi ed energici anche nella realtà, che il 16 Ottobre ho avuto l’onore di incontrare. Accompagnandoli lungo le vie dell’Auditorium.E ancora grandi nomi, come Gone Girl di David Fincher, Still Alice, Escobar: Paradise Lost di Andrea di Stefano, con l’affascinante Benicio del Toro ed il giovane Josh Hutcherson. Non sono mancati gli incontri, i colpi di scena, le sentenze d’impatto pronunciate dai nostri idoli. Riuscire a parlare con Wim Wenders ad esempio, è stato per me un vero onore. Cos’hanno in comune Wim Wenders e Sebastiao Salgado? Il primo è uno dei più grandi registi contemporanei, narratore di storie coraggiose, generatore di incredibili lungometraggi. Alice nelle città, Il cielo sopra Berlino, Lo stato delle cose, Nel corso del tempo, descrivono squarci fugaci di umanità ingrigite dalla quotidianità dell’esistenza, l’avvento dei nuovi media, intrepidi itinerari alla ricerca di sè, tra l’America e la Germania, Angeli caduti. Vita vissuta, storie quasi banali quanto straordinarie, hanno da sempre affascinato Wenders. In qualità di amante della fotografia, si incontra con Salgado producendo il film documentario Il sale della Terra, che verrà proiettato poche ore dopo l’incontro. Vedremo come lo sguardo della macchina da presa cattura immagini in movimento, mentre quello della macchina fotografica immortala istanti rendendoli eterni. Un regista-fotografo e un fotografo-ecologista, una coraggiosa impresa alla scoperta delle terre più selvagge ed inesplorate del pianeta documentata passo per passo, e accanto un’insidiosa Natura incontaminata.

E ancora la grande Geraldine Chaplin, figlia dell’immenso maestro del cinema … Ci ha raccontato che Chaplin cominciò a recitare da piccolo, sostituendo la madre in uno spettacolo, imitandola alla perfezione perché aveva perso la voce, dell’esilio in Svizzera, e di come alla fine, fare film l’abbia salvata e resa diversa, migliore.
Poi Kevin Costner. Non ha bisogno di tante presentazioni: il divo hollywoodiano per eccellenza, ha contribuito con i suoi film e le sue ottime interpretazioni, ad impreziosire lo stellato tappeto rosso del cinema.
Da Gli Intoccabili di Brian de Palma a Un mondo perfetto di Clint Eastwood, Costner ha lavorato con molti dei più grandi registi. Queste le sue parole: i film contengono momenti, parole pronunciate che non dimenticherete mai. Per cui quando faccio un film mi ricordo questo, che potrei dire qualcosa che la gente potrebbe non dimenticare mai. I film valgono di più di quanto non incassino al botteghino.


Insomma quest’anno il festival è stato decisamente maschio, da Richard Gere a Clive Owen, da Benicio del Toro a Guillaume Canet, a Josh Hutcherson, Kevin Costner e molti altri ancora, i divi internazionali hanno incantato il pubblico, soprattutto quello femminile. Tranne una sempre bella Rooney Mara, le donne non spiccano in questa edizione, ma non lamentiamoci, l’anno scorso ha solcato il red carpet nientemeno che Scarlett Johansson, e chissà quante meravigliose donne arriveranno in futuro?
Il vincitore? Il pubblico ha decretato la vittoria di Trash. Anche se personalmente ci avrei messo la firma per far vincere Gone Girl. L’interpretazione di Rosamund Pike già profuma di Oscar, in un thriller romantico, drammatico, accattivante e follemente attraente. Psicosi umane a confronto, debolezze e forze di un matrimonio che è solo apparenza? Lo scoprirete andandolo a vedere. Posso solo dire che Glenn Close in Attrazione fatale ha qualche carattere in comune con la Amazing Amy del film, e di certo Ben Affleck non offende lo sguardo, stabilisce subito con lo spettatore un rapporto di complicità buffonesca, agguantandoti nel vortice delle sue debolezze coniugali e mette tenerezza guardarlo spremersi le meningi pensando a dove sia la sua (amata?) Amy. (9/10)

Anche Nightcrawler per me volerà dritto all’Oscar. Jake Gyllenhaal? Miglior interpretazione di sempre, seconda solo a I segreti di Brookeback Mountain. Uno sciacallo inquitante e spietato, da far venire i brividi. Film crudo sullo sciagurato mestiere del giornalista d’assalto, in cerca di succulente e trucide notizie di incendi, morti, incidenti stradali, da vendere al primo offerente televisivo, e sullo sfondo una notturna e trafficata Los Angeles. (7/10)
Quest’anno di thriller ne abbiamo avuti a bizzeffe, altro esempio è un film francese La prochaine fois je viserai le coeur, con un irresistibile Guillaume Canet, nei panni deliranti di un serial killer che ha terrorizzato la Francia negli anni 90, uccidendo giovani ragazze senza un apparente motivo. A parte questo anche la sua interpretazione tra le migliori di sempre, uno dei nostri francesi preferiti, non c’è che dire!

Anche gli italiani non sono mancati quest’anno. Personalmente premio Fino a qui tutto bene del simpatico Roan Johnson, film realizzato da un gruppo di universitari, che descrive la vita di 5 giovani alle prese con l’idea di futuro, spaesati ed intimoriti dal grande salto in avanti dopo gli studi a Pisa. Uno dei pochi, o forse il solo film che mette in tavola nero su bianco la situazione precaria ed intimidatoria della nuova generazione di giovani. Non a caso la pellicola ha portato a casa numerosi premi e riconoscimenti, meritati.




E così tra caffè e sigarette, tra sudate e corse a perdifiato, si sono consumati bruciando i giorni del cinema. Si tira un respiro di sollievo e si pensa è andato tutto bene, vedere i volti soddisfatti della gente uscire dalle sale, provare per un attimo la deliziosa sensazione di sentirsi nel posto giusto al momento giusto. Voglia di un futuro, vero reale tangibile, in questo mondo. Seduta in sala, ascoltare i miei idoli parlare, il pubblico applaudire, le luci rosse e meravigliose del palcoscenico, è lì che ho pensato: è questo il mio posto. Con questa gente, a contatto con la passione, che intravedo emanare allo stesso modo da ognuno di loro, un’intensa voglia di vivere, di sperimentare , di non aver più paura. Di osare! Di buttarsi nell’ignoto in cerca di quella stella, che duramente, difficilmente, e finalmente, imprimerò nella mia personale via lattea, un altro nuovo e scintillante sogno da aggiungere alla strada impervia della vita. Non è altro che l’inizio.