ROME FILM FESTIVAL (16|25 ott)
Festival del cinema: libidine per le mie orecchie. Essendo cresciuta a suon di Chaplin, De Niro e capolavori, sono innamorata di questo mondo. Il festival è una festa-come dice Muller-, ma anche un'occasione unica per gioire di film,
immergersi in altre storie diverse dalla tua, e perché no?, vedersi da vicino il proprio idolo.
Avere l’onore di assistere dal di dentro, contribuire ad
oliare quell'affascinante meccanismo di selezione e programmazione dei film, che meraviglia! Quel
puzzle che, tassello dopo tassello, forma un gigantesco evento culturale in cui
confluiscono decine e decine di volti, nazionalità diverse, persone interessanti, colte, affascinanti, che nell’arco di dieci giorni si disperdono come
miriadi di stelle, affastellandosi sul red carpet, nelle sale, nei cuori e
negli occhi della gente.
Il festival del Film di Roma quest’anno è decollato per la
nona volta, avviandosi al decennio. Sotto la guida attenta dell’eclettico Marco
Muller e del suo team di esperti, che ho avuto l’onore di conoscere, sono stati
selezionati e visionati i film di ampio respiro che ci hanno consacrato come il
festival più internazionale d’Italia (dopo Venezia).
We
are young, We are Strong, per esempio, un film tedesco di ottima fattura,
regia del giovanissimo Burhan Qurbani, è un pezzo forte di questa annata.
Racconta dell’eco dei movimenti neonazisti nella Germania del 1992, quando si
verificò uno scontro denso di razzismo tra la popolazione ed un gruppo di
cittadini vietnamiti richiedenti asilo. Il tutto visto dal punto di vista di una banda di ragazzi,
resi violenti dalle folli ideologie nazionaliste. Giovani talentuosi ed
energici anche nella realtà, che il 16 Ottobre ho avuto l’onore di incontrare. Accompagnandoli
lungo le vie dell’Auditorium.E ancora grandi nomi, come Gone Girl di David Fincher, Still
Alice, Escobar: Paradise Lost di Andrea di Stefano, con l’affascinante
Benicio del Toro ed il giovane Josh Hutcherson. Non sono mancati gli incontri,
i colpi di scena, le sentenze d’impatto pronunciate dai nostri idoli. Riuscire
a parlare con Wim Wenders ad esempio, è stato per me un vero onore. Cos’hanno
in comune Wim Wenders e Sebastiao Salgado? Il primo è uno dei più grandi
registi contemporanei, narratore di storie coraggiose, generatore di
incredibili lungometraggi. Alice nelle
città, Il cielo sopra Berlino, Lo stato delle cose, Nel corso del tempo,
descrivono squarci fugaci di umanità ingrigite dalla quotidianità
dell’esistenza, l’avvento dei nuovi media, intrepidi itinerari alla ricerca di
sè, tra l’America e la Germania, Angeli caduti. Vita vissuta, storie quasi
banali quanto straordinarie, hanno da sempre affascinato Wenders. In qualità di
amante della fotografia, si incontra con Salgado producendo il film
documentario Il sale della Terra, che verrà proiettato poche ore dopo
l’incontro. Vedremo come lo sguardo della macchina da presa cattura immagini in
movimento, mentre quello della macchina fotografica immortala istanti
rendendoli eterni. Un regista-fotografo e un fotografo-ecologista, una
coraggiosa impresa alla scoperta delle terre più selvagge ed inesplorate del
pianeta documentata passo per passo, e accanto un’insidiosa Natura
incontaminata.
E ancora la grande Geraldine Chaplin, figlia dell’immenso
maestro del cinema … Ci ha raccontato che Chaplin cominciò a recitare da
piccolo, sostituendo la madre in uno spettacolo, imitandola alla perfezione
perché aveva perso la voce, dell’esilio in Svizzera, e di come alla fine, fare
film l’abbia salvata e resa diversa, migliore.
Poi Kevin Costner. Non ha bisogno di tante presentazioni: il
divo hollywoodiano per eccellenza, ha contribuito con i suoi film e le sue
ottime interpretazioni, ad impreziosire lo stellato tappeto rosso del cinema.
Da Gli Intoccabili di Brian de Palma a Un mondo perfetto di Clint Eastwood,
Costner ha lavorato con molti dei più grandi registi. Queste le sue parole: i film contengono momenti, parole
pronunciate che non dimenticherete mai. Per cui quando faccio un film mi
ricordo questo, che potrei dire qualcosa che la gente potrebbe non dimenticare
mai. I film valgono di più di quanto non incassino al botteghino.
Insomma quest’anno il festival è stato decisamente maschio,
da Richard Gere a Clive Owen, da Benicio del Toro a Guillaume Canet, a Josh
Hutcherson, Kevin Costner e molti altri ancora, i divi internazionali hanno
incantato il pubblico, soprattutto quello femminile. Tranne una sempre bella
Rooney Mara, le donne non spiccano in questa edizione, ma non lamentiamoci,
l’anno scorso ha solcato il red carpet nientemeno che Scarlett Johansson, e
chissà quante meravigliose donne arriveranno in futuro?
Il vincitore? Il pubblico ha decretato la vittoria di Trash. Anche se personalmente ci avrei
messo la firma per far vincere Gone Girl.
L’interpretazione di Rosamund Pike già profuma di Oscar, in un thriller
romantico, drammatico, accattivante e follemente attraente. Psicosi umane a
confronto, debolezze e forze di un matrimonio che è solo apparenza? Lo
scoprirete andandolo a vedere. Posso solo dire che Glenn Close in Attrazione fatale ha qualche carattere
in comune con la Amazing Amy del
film, e di certo Ben Affleck non offende lo sguardo, stabilisce subito con lo
spettatore un rapporto di complicità buffonesca, agguantandoti nel vortice delle
sue debolezze coniugali e mette tenerezza guardarlo spremersi le meningi
pensando a dove sia la sua (amata?) Amy. (9/10)
Anche Nightcrawler
per me volerà dritto all’Oscar. Jake Gyllenhaal? Miglior interpretazione di
sempre, seconda solo a I segreti di
Brookeback Mountain. Uno sciacallo
inquitante e spietato, da far venire i brividi. Film crudo sullo sciagurato
mestiere del giornalista d’assalto, in cerca di succulente e trucide notizie di
incendi, morti, incidenti stradali, da vendere al primo offerente televisivo, e
sullo sfondo una notturna e trafficata Los Angeles. (7/10)
Quest’anno di thriller ne abbiamo avuti a bizzeffe, altro
esempio è un film francese La prochaine
fois je viserai le coeur, con un irresistibile Guillaume Canet, nei panni
deliranti di un serial killer che ha terrorizzato la Francia negli anni 90,
uccidendo giovani ragazze senza un apparente motivo. A parte questo anche la
sua interpretazione tra le migliori di sempre, uno dei nostri francesi
preferiti, non c’è che dire!
Anche gli italiani non sono mancati quest’anno.
Personalmente premio Fino a qui tutto
bene del simpatico Roan Johnson, film realizzato da un gruppo di universitari,
che descrive la vita di 5 giovani alle prese con l’idea di futuro, spaesati ed
intimoriti dal grande salto in avanti dopo gli studi a Pisa. Uno dei pochi, o
forse il solo film che mette in tavola nero su bianco la situazione precaria ed
intimidatoria della nuova generazione di giovani. Non a caso la pellicola ha
portato a casa numerosi premi e riconoscimenti, meritati.
E così tra caffè e sigarette, tra
sudate e corse a perdifiato, si sono consumati bruciando i giorni del cinema.
Si tira un respiro di sollievo e si pensa è
andato tutto bene, vedere i volti soddisfatti della gente uscire dalle
sale, provare per un attimo la deliziosa sensazione di sentirsi nel posto
giusto al momento giusto. Voglia di un futuro, vero reale tangibile, in questo
mondo. Seduta in sala, ascoltare i miei idoli parlare, il pubblico applaudire,
le luci rosse e meravigliose del palcoscenico, è lì che ho pensato: è questo il
mio posto. Con questa gente, a contatto con la passione, che intravedo emanare
allo stesso modo da ognuno di loro, un’intensa voglia di vivere, di sperimentare
, di non aver più paura. Di osare! Di buttarsi nell’ignoto in cerca di quella
stella, che duramente, difficilmente, e finalmente, imprimerò nella mia personale via lattea, un altro nuovo e scintillante sogno da aggiungere alla
strada impervia della vita. Non è altro che l’inizio.